Agli inizi del ‘900, il botanico russo Tswett mise a punto una tecnica per separare la clorofilla da un campione vegetale. Egli iniettò, all’interno di una “colonna” di vetro riempita con argilla, prima un campione liquido estratto da foglie e successivamente un opportuno solvente. Mentre il solvente scorreva dentro la colonna, il campione si separava in bande di colore diverso (da cui il nome cromatografia), ognuna corrispondente a un diverso composto chimico contenuto nella foglia, che potevano essere separate e raccolte. Il motivo della separazione delle bande è che ogni composto assume una velocità diversa dentro alla colonna a causa della sua diversa affinità sia con l’argilla che con il solvente. Questo concetto solo apparentemente semplice è alla base di metodi di analisi che trovano applicazione in tantissimi campi di analisi, dai campioni ambientali a quelli farmaceutici, da quelli alimentari ai materiali.
A cura di Chiara De Luca, Martina Catani, Simona Felletti, Greta Compagnin, Desiree Bozza - Dipartimento di Scienze Chimiche, Farmaceutiche ed Agrarie - Unife